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Comm.G.B.Burlotto e l’eleganza del Barolo di Verduno

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Simona Paparatto, sommelier A.I.S. varesina, di cui segnalo, oltre ai due pezzi già pubblicati di recente (questo e questo) e questo sugli Erbaluce di Caluso di Carlo Gnavi un eccellente articolo sullo Champagne Cristal di Roederer e quello dedicato ad un virtuoso del Nebbiolo di montagna, Giorgio Gianatti, nonché quello relativo al top wine australiano Penfolds Grange, e quello sugli amici Cavallotto di Castiglione Falletto, ritorna dopo qualche tempo con un ottimo articolo su altri amici barolisti a me particolarmente cari, la famiglia Burlotto-Alessandria, ovvero l’azienda agricola Comm.G.B.Burlotto di Verduno di cui ho scritto tanto spesso e i cui vini adoro.

Buona lettura!

Paesaggi seducenti e mozzafiato fatti di colline vitate a perdita d’occhio in cui si insinuano piccoli borghi antichi ricchi di storia, arte e sapienza. Qui il silenzio non è solitudine, ma pensiero sognante che vibra nell’aria, infondendo pace e mitezza nel susseguirsi perenne delle stagioni. Queste sono per me le adorate Langhe, dichiarate patrimonio Unesco (22 giugno 2014) come paesaggio culturale di eccezionale bellezza, caratterizzato da una tradizione storica antica, legata alla coltura della vite e a una vera e propria “cultura del vino”. (Cit.)  È vero, non sono piemontese di nascita ma, con trasporto ed emozione, faccio mie le parole del poeta e scrittore Cesare Pavese, di Santo Stefano Belbo (TO), quando scrive: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” Cit.: (La luna e i falò,1950)

Geologicamente sono nate per sollevamento del fondo del Bacino Terziario Ligure- Piemontese nel periodo miocenico, quindi l’origine dei suoli è prettamente sedimentaria e marina. Nel 1929 l’agronomo e professor Ferdinando Vignolo-Lutati, conducendo un’attenta analisi del territorio, distinse “l’Area del Barolo in tre formazioni geologiche del Miocene, originatesi in epoche diverse. La più antica dell’Elveziano, posta nell’area sud orientale, corrispondente ai territori di Serralunga, Monforte, Castiglione Falletto e in parte di Barolo, è caratterizzata da marne bianco-giallastre sino all’altro versante di Barolo, La Morra e Verduno, di epoca Tortoniana con le sue marne grigio bluastre.

Infine il settore più nord-occidentale di La Morra e Verduno con i terreni più recenti dell’era del Messiniano. Tutti questi suoli sono emersi fra i 15 e i 5 milioni di anni fa dal Mare Padano, grazie al graduale ritiro delle acque, modellati dai successivi eventi climatici e sismici.” Cit.: (Il Maestro di Vino, Franco Angeli, 2013)

Voglio partire da qui per raccontare di una famiglia, quella dei Burlotto/Alessandria e della loro terra, Verduno, punta estrema a nord delle Langhe, tra gli undici comuni di questo territorio a produzione Barolo. Conosciuta anche con l’appellativo di Sentinella delle Langhe, per via della sua particolare posizione geografica, Verduno è dominata dalla collina di Monvigliero, posta alle spalle del fiume Tanaro, ed esposta alla brezza del mar Ligure. Quiinsistono i suoli del TORTONIANO, formati da marne grigio bluastre, con arenarie e ghiaie ricche di carbonati di magnesio e manganese. “Argille miste a sabbie finissime impregnate di una forte componente calcarea, che prendono il nome di Marne di S. Agata(G. Brozzoni, 100 Barolo, Gowine, 2004). I vini che ne nascono sono poco colorati, più pronti, anche se in grado di evolvere nel tempo, dotati di maturità fruttata, di potenza e struttura tannica,ma soprattutto di eccezionale finezza olfattiva e notevole eleganza. Anche la formazione gessoso-solfifera del MESSINIANO, con considerevoli quantità di Silicio, che si trova in questa unità morfologica, contribuisce ulteriormente ad ottenere vini sottili e freschi, delicati e raffinati.

Verduno, comune di sole 560 anime, è un borgo storico medioevale dai tratti fiabeschi, dal quale si erge il Castello, risalente al 1500 e divenuto in seguito proprietà dei Savoia. Nel 1838, re Carlo Alberto incaricò il Generale Staglieno, affermato enologo, di seguire la cantina. Egli iniziò a vinificare il Nebbiolo secondo i consigli di Giuliette Falletti Colbert,proiezione di quello che sarebbe divenuto il Barolo. Dal 1909, è di proprietà dei Burlotto.

In un palazzo settecentesco, dal 1850, ha sede anche l’azienda vitivinicola di questa prestigiosa famiglia. Il suo fondatore fu il Cavalier Giovan Battista Burlotto, nominato, inseguito, commendatore. L’attività fu voluta fortemente e convintamente dal “comm.” che, per realizzarla, trasformò radicalmente quella che era un’impresa agricola, in società vitivinicola. In quegli anni, egli si fece conoscere e stimare attraverso un’audace divulgazione dei suoi vini tipici di Langa, provenienti dai possedimenti di Verduno (Monvigliero) e di Barolo (Cannubi), da sempre vigneti d’eccellenza.

Comm. Burlotto con il suo Barolo Monvigliero, fu l’unico provveditore della spedizione del 1899 al Polo Nord nella missione di Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, con la nave Stella Polare. Fu fornitore ufficiale della Real Casa dei Savoia, retta da Sua Altezza Reale il Conte di Torino, Vittorio Emanuele di Savoia Aosta (1885), oltre ad innumerevoli riconoscimenti provenienti da varie parti del mondo, documentati dalle 32 medaglie poste sulla facciata della cantina storica: traguardi eccezionali, considerando che all’epoca il vino di qualità era conosciuto e gustato da una ristretta cerchia di persone e che il Barolo era considerato secondo, rispetto a Barbera e Dolcetto.

Il commendatore creò una grande eredità per i suoi discendenti, fatta di severo lavoro, di intransigenza, virtù e lungimiranza. Dotato di grandi capacità imprenditoriali, egli credette fermamente nel suo “progetto”, promotore di convinzioni e ideali destinati a divenire realtà, sicuro, con ragione, dell’enorme potenziale del fantastico territorio di Langa.

Da fatti storici come questo comprendo come solo gli uomini fortemente determinati, coraggiosi e fervidi sostenitori di sé stessi, riescano a lasciare un’impronta, una luce, un seme per le generazioni a seguire: il Cavaliere sapeva di produrre un vino dalle caratteristiche mirabili e sapeva che il mondo ne avrebbe riconosciuto il valore, insieme a quello dell’amata terra di Langa, così preziosa ed unica.

Dopo la sua morte, seguirono i figli Francesco e poi Ignazio, al quale si deve l’esistenza del vitigno Pelaverga, poiché durante la guerra rimase l’unico a produrlo. Dopo di lui, nel 1968, subentrò la figlia Marina, all’epoca adolescente. Attualmente la quarta e la quinta generazione sono compresenti e rappresentate da Marina Burlotto con il marito Giuseppe e dai figli Cristina (entrata in azienda dopo un percorso come architetto, che, tra le varie mansioni, si occupa di accoglienza e rapporti con il pubblico) e Fabio Alessandria (esperto enologo, che segue tutta la parte produttiva, dalla vigna alla cantina, apportando all’azienda un contributo di eccezionale rilievo).

Il passaggio da una generazione all’altra è avvenuto nella maniera più naturale, in modo continuativo, mantenendo sempre il medesimo concetto filosofico, così come Cristina mi spiega: “Mia madre non era enologa, ma era colei che aveva ereditato la cantina, e per anni portò avanti l’azienda secondo le disposizioni ed i concetti stabiliti dal padre, che nel tempo lei aveva appresi e fatti suoi. Quando mio fratello Fabio, prese in mano il testimone, nonostante fosse giovane ed intraprendente, non cercò di apportare cambiamenti secondo una propria soggettiva visione, ma adempì a questa responsabilità in modo pieno e totale, seguendo il filo conduttore dei suoi predecessori.

In cantina vi sono ancora i vecchi tini di un tempo: abbiamo mantenuto lo stesso modo di vinificare. Questa tenacia nel portare avanti gli ideali ereditati, è stata forse la carta vincente che ci ha portati a conseguire un successo costante e duraturo negli anni.” (Cit.)

Ideali e valori della tradizione dunque, ma perseguiti in modo dinamico, lavorando con passione, applicazione e rigore, nel preciso intento di capire ed interpretare ogni singola annata, evidenziandone le prerogative di tipicità.Tutto questo richiede “delicatezza e pazienza, come strumenti di lavoro” (Cit.)

Attualmente gli ettari vitati di proprietà sono 16, suddivisi in 14 cru nei comuni di Monforte d’Alba (Castelletto, con etichetta Barolo dalla vendemmia 2018), Roddi, Barolo (Cannubi) e Verduno (12 ettari in 5 cru: Monvigliero, Breri, Rocche dell’Olmo, Boscato,Neirane).

Tra i vini prodotti dall’azienda segnalo: Barolo Castelletto DOCG, Barolo Acclivi DOCG, (dai cru Monvigliero, Neirane, Rocche dell’Olmo ed in futuro Boscatto), Langhe DOC MORES, Barbera d’Alba DOC AVES, Langhe Sauvignon DOC VIDIRIS, Barolo CANNUBI Cannubi-Valletta, comune di Barolo) insieme a: Langhe Sauvignon DOC DIVES, Pelaverga DOC, Barolo DOCG, Barolo MONVIGLIERO DOCG, dei quali segue degustazione:

In vigna si adotta una viticoltura sostenibile. Ogni lavorazione viene effettuata manualmente. Anche la vendemmia viene svolta a mano, al fine di preservare l’integrità del frutto e permettere, se necessario, una selezione delle uve, allevate a Guyot.

In cantina non si fa uso di barrique perché sul Nebbiolo di Verduno si rischierebbe di comprometterne gravemente caratteristiche e peculiarità.

LANGHE SAUVIGNON DOC DIVES 2019 (Sauvignon Blanc in purezza) Le uve provengono da una parcella in località Castagna, a Verduno, fuori dalla zona del Barolo. Posta a basse altitudini, è una zona molto fresca, in cui i terreni hanno caratteristiche di spiccata mineralità.  “Per il Dives selezioniamo le uve dalle parcelle più vecchie della vigna, piantata nel 1986, che, a nostra memoria e conoscenza, dovrebbe essere la più vecchia vigna di Sauvignon Blanc in zona Barolo, che è anche la parte con migliore esposizione e giacitura”. È un bianco nell’ottica dei rossi, per struttura ed invecchiamento. In relazione all’annata i grappoli vengono diraspati, sottoposti a pressatura soffice o breve macerazione sulle bucce. La fermentazione alcolica e l’affinamento avvengono in botte e fusti d’acacia. La malolattica non viene eseguita.

Giallo paglierino luminoso. Al naso incenso molto sfumato, scorze di cedro in infusione, tè agli agrumi, bergamotto, lime e mentuccia selvatica, appena accennati. Profumi per nulla esuberanti, ma suadenti, delicati, garbati. Grande freschezza dell’acidità e sapidità bilanciata, sono estremamente piacevoli. Fine ed equilibrato, dalla marcata mineralità gustativa. Destinato ad una evoluzione negli anni.

Abbinamento – Risotto con code di gamberi e brodo di crostacei alle erbe

VERDUNO PELAVERGA DOC 2019 (Pelaverga piccolo in purezza). Le uve provengono da una parcella di 0,32 ha, in zona Cardìa, tra 250 e 280 m slm., con esposizione a Sud. La fermentazione alcolica dei grappoli diraspati avviene in tini aperti di rovere francese e in vasche di acciaio inox aperte. Il controllo della temperatura fa preservare l’aromaticità tipica del vitigno. Fermentazione malolattica e maturazione avvengono in vasche di acciaio inox. In alcune annate si può optare per un breve affinamento in grandi botti di legno.

Vivace rosso rubino, trasparente, dalle sfumature violacee. Intensi i profumi balsamici e di spezie piccanti (pepe nero). Emerge la florealità della violetta di campo. Il frutto di ciliegia, lampone, fragolina, mirtillo, è croccante e succoso. Un accenno di felce in sottofondo. Al gusto, la freschezza e facilità di beva che si percepiscono, sono formidabili. Equilibrato e pronto, regala una grande pulizia di bocca, predisponendo a nuovo sorso. Dal finale dinamico, per sapidità e freschezza, con ritorno di fragranze pepate nitide, ma fini ed eleganti.  Abbinamenti – Baccalà in tempura con salsa di fave fresche – Sashimi di tonno

L’eccellente annata 2016 (così come la 2013 e la 2010), ha regalato vini di ottimo equilibrio, con accumulo di sostanze fenoliche, aromi importanti e superba struttura, “ma quelle che preferisco sono le annate più difficili, perché è stato più stimolante trarne prodotti di qualità: quando si riesce a creare qualcosa di valido da un annata che dà poco, si prova entusiasmo e grande soddisfazione”. Cit.: (Cristina Alessandria)

BAROLO DOCG 2016 (Nebbiolo in purezza) Barolo classico che nasce dall’assemblaggio di provenienti da diverse vigne: Breri (marne di Sant’Agata Fossili laminate), e Neirane, con Rocche dell’Olmo e Boscatto (Formazione di Cassano Spinola). Qui i terreni sono calcarei con buona ritenzione idrica.  Le uve diraspate fermentano in tini aperti di rovere francese. A malolattica svolta, il vino matura in botti grandi di rovere di Slavonia e Allier, per un periodo da 20 a 33 mesi. Riposa in bottiglia per almeno 9 mesi.

Rubino dai riflessi granato. All’olfatto l’apertura è intensa, ma gentile, in cui ogni sentore è perfettamente amalgamato. Profumi delicati di fiori appassiti, piccole spezie, quali cannella, radice di liquirizia e bacche di ginepro. Seguono note di talco e fogliame, con incisivo incipit mentolato. Si espande con frutti maturi e succosi di melograno, ciliegia e pesca. In bocca è modulato e preciso, equilibrato e rigoroso, con una trama tannica elegante, suadente, in perfetto accordo con la freschezza dinamica dell’acidità. Armonico, dalla lunga e sapida persistenza gustativa. Abbinamento – Quaglie laccate al miele con fegato d’oca

BAROLO MONVIGLIERO DOCG 2016 (Nebbiolo in purezza) Monvigliero rappresenta il cru più prestigioso di Verduno ed uno dei più distintivi della zona a produzione Barolo.Il fiume Tanaro che lo costeggia, infonde caratteristiche microclimatiche di rilievo, come un’ottima escursione giorno-notte. Qui le Marne di Sant’Agata fossili sono laminate (a strati sovrapposti), conformazione che rende il terreno molto drenante. “Le parcelle di nostra proprietà al suo interno, sono tre, per complessivi 2,02 ettari, con completa esposizione a Sud, ad un’altitudine massima di 300 metri”. L’allevamento delle viti è a Guyot.                                                                                        

La vinificazione avviene a grappolo intero, in tini aperti di rovere francese, con macerazione a cappello sommerso per circa 2 mesi. Per non lacerare il raspola pigiatura dell’uva viene ancora effettuata con i piedi. Malolattica e maturazione, avvengono in botti di rovere di Slavonia e Allier da 35-50 ettolitri per circa 3 anni. Nessuna chiarifica o filtrazione. Dopo l’imbottigliamento, il vino riposa in cantina per almeno 9 mesi.

Trasparente e molto luminoso rosso rubino, volgente al granato. Ampio e strepitoso l’impatto olfattivo, in cui la progressione di profumi, intensi e suadenti, è netta e verticale. Subito in evidenza la nota più distintiva della balsamicità delle erbe officinali (eucalipto, mentuccia selvatica), seguite da petali di viola in appassimento che si alternano a note speziate di liquirizia ed erbe aromatiche di timo. Poi il frutto, bilanciato e soave: lampone fragolina e ribes, con sbuffi di talco. Intrigante la salinità in bocca!

La trama tannica è ammorbidita e suadente, in perfetta simbiosi con l’audace freschezza, capace di regalare espressività ed equilibrio. Sottile, ma denso di sapore. Complesso e finemente strutturato: di pregevole stoffa. Lungo, raffinato, dal finale salmastro e vibrante nei riverberi balsamici. Abbinamento – Cervo marinato, robiola, mousse di mirtillo e aceto di sambuco.

Ringrazio Cristina Alessandria, persona mite e cordiale, che stimo particolarmente per le sue doti umane di accoglienza, con approccio semplice e paziente:

La nostra famiglia produce i vini classici della Langa di Alba con dedizione, cura, passione e mano delicata. Avremmo potuto scrivere la stessa cosa nel 1850. È ancora così. Molte cose sono cambiate da allora, ma non l’idea di fondo che ci ha sempre mossi: instillare con sobrietà nei vini l’anima e la vocazione dei luoghi d’origine e dei vitigni

Fonti:

Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Enogea, Mga Barolo, Regione Piemonte. Comune di Verduno. Real Castello di Verduno, Il Maestro di vino, Gigi Brozzoni: 100 Barolo, Cesare Pavese: La luna e i falò

n.b.

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